Angelo Luigi Sangalli è un pedagogista con una formazione sugli aspetti neuropsicologici dell’apprendimento e dell’handicap. Opera come pedagogista, consulente e formatore. Collabora a vario titolo con l’Università di Verona, Padova e Venezia, in attività di ricerca, docenza e tutoraggio. Da anni si dedica alla preparazione degli insegnanti di sostegno. Ha pubblicato per la Trento UnoEdizioni il volume L’attività motoria compensativa.Il dott. Sangalli è il pedagogista di molte famiglie di Sportmid: collabora con Marilena Pedrinazzi ed è lo specialista che per molti dei nostri figli si interfaccia con la scuola per l’attuazione del P.E.I.(Progetto Educativo Individualizzato).
Anche a lui abbiamo chiesto un parere, qualche consiglio, su come vivere questo momento di emergenza. Ecco cosa ci ha detto.
E’ importante darsi un ritmo, una regolarità, perché la ritualità in casa aiuta: ci si alza sempre alla stessa ora, si fa colazione nello stesso modo, si va a dormire sempre alla stessa ora in modo da avere degli orari fissi. Questi sono i punti di riferimento dei bambini. Anche la passeggiata va bene: in Veneto hanno già cominciato ad abolire il limite dei 200mt, così anche la passeggiata diventa un rituale giornaliero. Alcune famiglie inseriscono anche il momento della preghiera nella giornata. La ritualità dà un ordine. Poi però bisogna distinguere la domenica dagli altri giorni perché non sia un giorno come gli altri. La domenica bisogna fare qualcosa di diverso: si stacca e poi lunedì si riprende.
E’ importante fare attività motoria, tirar fuori lo striscio, che svolto in maniera regolare, mantiene la muscolatura: si perde se si sta seduti tutto il giorno. Chi ha un pezzo di giardino è fortunato!
Ed ora veniamo a parlare della DAD, ovvero Didattica a Distanza. Dovrebbero chiamarla didattica di emergenza: è questo il termine più corretto. Abbiamo sempre predicato e scritto volumi sul fatto che l’educazione è una questione di relazione e di gruppo. Di relazione in quanto si struttura su di una relazione diretta importante, con un coinvolgimento attivo di gesti, di comunicazione, di detto e di non detto; di gruppo, perché c’è una variante di gruppo (si pensi solo a tutto il discorso dell’apprendimento dai pari, dell’apprendimento cooperativo, ecc.). La DAD è’ limitata. Tanto è vero che io ho sentito mamme - con bambini che hanno difficoltà di attenzione - dire che i figli fanno fatica a rimanere davanti al video attenti alla maestra che parla: anche perché non sono scene movimentate come in un documentario, ma è un mezzo busto che ti parla e può essere interessante cinque minuti. Il problema dell’attenzione c’è anche in classe, figuriamoci su un dispositivo.
Di positivo c’è che quando una scuola attiva le video lezioni, i bambini sono molto contenti di vedere la maestra, di vedere i compagni perché mantiene viva una relazione precedente. Poi però richiede un’attenzione molto sofisticata, che non è facile e da tutti.
Altro problema grosso di questa didattica riguarda l’uso del dispositivo: quando un dispositivo viene usato anche per giocare, succede che non ti interessa niente del mezzo busto che ti sta parlando, ma pensi che se schiacci un bottone puoi andare su you-tube, sui video, guardarti i cartoni animati. Il problema è l’uso che se ne fa di computer e tablet: se ho un adolescente che coi dispositivi va su Netfix, su you-tube, in collegamento con altri, e poi deve ANCHE su quel dispositivo fare una lezione, di tutte le cose piacevoli che fa, la lezione è la cosa più noiosa. Quando fai le videochiamate coi nonni, i bambini sono quelli che ci stanno il meno possibile, perché danno un’occhiata e poi prendono e vanno via, non sono interessati alla video-comunicazione, ma preferiscono i giochi o you-tube. Questo tipo di didattica ha un altro limite, oltre a quello dell’attenzione: ovvero che richiede un alto livello di consapevolezza e di volontà da parte dell’alunno, a prescindere dalle buone intenzioni degli insegnanti.
Aggiungiamo poi che quando è finita la lezione ci sono i ragazzini che vanno a giocare con l’I-pad, guardano la TV, vanno sul computer e quindi c’è un ulteriore uso di questo mezzo. E torniamo al discorso di darsi delle regole, anche per i giochi ed i dispositivi.
Tuttavia è necessario in questo momento almeno mantenere il livello che un bambino ha. E come si sta muovendo la scuola è a macchia di leopardo: dipende da tanti fattori.
Concludendo, non è sostenibile alla lunga una didattica del genere. In termini di prodotto di apprendimento non è sostenibile: bisogna arrivare a portare di nuovo i bambini in classe.
Infine, per quanto riguarda i genitori, ne ho sentiti diversi che prima lavoravano con i figli, un po’ come d’estate per il programma estivo di potenziamento, ed ora continuano a lavorare. Qualcuno ha integrato con il sostegno; in altre situazioni mi sono sentito direttamente con le mamme che mi hanno mandato pezzettini di video ed ho continuato a lavorare come prima. Genitori che hanno lavorato coi loro figli sanno farlo. Genitori che hanno delegato il lavoro e la riabilitazione, non sanno da che parte girarsi. Una mamma medico ieri mi confermava questo: da un anno ha cominciato a lavorare col proprio figlio, mentre prima delegava all’ASL, e dice che ora si rende conto di cosa sa e non sa suo figlio. Chi vuole, continuare a lavorare e continua a farlo tranquillamente. Dove c’è la scuola che risponde è un bene; dove c’è la scuola che fa fatica a rispondere, ci sono genitori che si sono messi in gioco, ma è quello che facevano anche prima.
Cosa pensano i bambini? Una mamma mi ha riferito che il figlio gli ha detto: “Certo che a me è andata bene, perché ho pregato di essere promosso e le mie preghiere sono state esaudite, però Lui ha un po’ esagerato! Non avevo chiesto tanto, non pensavo così!”.
Sandra Vincenzi